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Protocolli udienza

entrata in vigore della riforma delle procedure esecutive immobiliari pone una serie di problematiche alle quali si potrà dare compiuta risposta esclusivamente ad esito della elaborazione giurisprudenziale di legittimità e di merito che ovviamente è ancora di là da venire.

Appare in ogni caso opportuno, sin da subito, formulare alcune indicazioni operative che si ritiene possano essere utili alle cancellerie ed ai legali che si occupano della materia, indicazioni che, è bene ribadirlo, non vincolano in alcun modo il Tribunale in ordine a successivi orientamenti che potranno, e dovranno, essere assunti quando tali problematiche saranno, se del caso, delibate in sede giudiziale nel contraddittorio delle parti.

Fatta questa necessaria premessa, si ritiene che meritino trattazione, in particolare, le modalità di instaurazione delle opposizioni ai sensi degli articoli 615, 617 e 619 del codice di procedura civile.

La modifica normativa ha peraltro riguardato esclusivamente le opposizioni introdotte, dopo l'inizio dell'esecuzione, con ricorso -ed è a queste che si farà pertanto riferimento- per le quali soltanto è ipotizzabile una udienza di comparizione dinanzi al G.E., da questi fissata e da svolgersi con rito camerale ai sensi dell'art 185 disp. att. cpc, con la successiva prosecuzione del giudizio a cognizione piena nei modi previsti dagli artt. 616 e 618 cpc.

 

Opposizione all'esecuzione

Il legislatore della riforma ha previsto all'articolo 616 cpc che, esaurita la fase cautelare dinanzi al giudice dell'esecuzione -che si svolge nelle forme del procedimento camerale-, il giudice medesimo fissi un termine per l'introduzione del giudizio di merito, secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'articolo 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà, e ciò in quanto, ovviamente, si tratti di causa di opposizione per la quale sia competente lo stesso ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione.

Il dettato normativo richiede in tutta evidenza la notifica di un atto introduttivo con funzione integrativa della domanda contenuta nell'originario ricorso, che dovrà avvenire secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito; potrà pertanto trattarsi a seconda dei casi di citazione o di ricorso. Dovrà poi provvedersi all'iscrizione a ruolo.

 

Opposizione agli atti esecutivi

L'articolo 618 del codice di procedura civile prevede anche esso, come l'articolo 616, che il giudice dell'esecuzione una volta esaurita la fase cautelare fissi un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all'articolo 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà.

In caso di proposizione di opposizione agli atti esecutivi, e' evidente che, a differenza di quanto accade in tema di opposizione all'esecuzione, non si pone un problema di incompetenza dell'ufficio giudiziario dinanzi al quale pende l'esecuzione e pertanto l'unica modalità di instaurazione della causa di opposizione e' quella che prevede, anche qui, la notifica di un atto introduttivo- probabilmente assimilabile alla comparsa di riassunzione ai sensi dell'articolo 125 delle disposizioni di attuazione, e che presenta innegabili punti di contatto con la memoria integrativa di cui all'art 709 terzo comma cpc- con citazione ad udienza fissa, e con esclusione dunque della possibilità che il giudice dell'esecuzione già fissi, in sede di provvedimento che esaurisce la fase cautelare, l'udienza del giudizio di merito dinanzi a sé.

Opposizione di terzo

L'articolo 619 novellato, al secondo comma, dispone, qualora non si raggiunga un accordo in sede camerale, che il giudice provveda ai sensi dell'articolo 616, tenuto conto della competenza per valore.

Occorrerà pertanto, qualora l'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell'esecuzione sia competente, un atto introduttivo con le caratteristiche sopra evidenziate e la relativa iscrizione a ruolo, così come già evidenziato per l'opposizione all'esecuzione.

Opposizioni in executivis. Istanze di Sospensione.

Le tabelle attualmente in vigore prevedono la trattazione da parte del GOT delle esecuzioni mobiliari e conseguentemente, ai sensi degli articoli 618 e 624 cpc, delle istanze di sospensione proposte nell'ambito del procedimento esecutivo.

La "competenza" a trattare le cause di opposizione che si introducono a seguito della decisione da parte del giudice dell'esecuzione in ordine all'istanza di sospensione,, appartiene invece ai giudici togati.

Ne consegue che appare opportuno, nell'ottica di una più efficace e rapida gestione, da parte delle cancellerie, della fase della sospensione, che l'opponente depositi, sia pure in un unico contesto, il ricorso in opposizione e l'istanza di sospensione al fine di consentire, l'attribuzione di quest'ultima al giudice dell'esecuzione per una tempestiva trattazione.

In tal senso si auspica la collaborazione del foro locale.

 

Opposizione all'esecuzione - Istanza di sospensione. Istruzioni per il personale di cancelleria.

Le tabelle vigenti prevedono che le procedure di esecuzione mobiliare siano trattate dai GOT dottori Prandini e Morandi, mentre le opposizioni all'esecuzione sono di competenza dei giudici ordinari dottori Santangelo e Lualdi.

Accade peraltro di frequente che nel corpo di un ricorso per opposizione all'esecuzione l'opponente chieda la sospensione dell'esecuzione.

Tale incombente, qualora l'esecuzione sia iniziata, in conseguenza dell'effettuazione del pignoramento, e' di competenza funzionale del giudice dell'esecuzione.

Occorre pertanto che si proceda da parte della cancelleria all'esame del ricorso in opposizione al fine di verificare se vi sia istanza di sospensione e se si sia già proceduto al pignoramento.

Qualora si sia già proceduto a pignoramento e vi sia istanza di sospensione, quest'ultima e' comunque di competenza del giudice dell'esecuzione, anche quando non sia stata presentata istanza di vendita e dunque non vi sia un fascicolo dell'esecuzione mobiliare.

Sarà il giudice dell'esecuzione, ad esito dell'esame dell'istanza di sospensione, a fissare ai sensi dell'articolo 616 cpc un termine perentorio per l'introduzione del giudizio di merito, che sarà poi assegnato ai giudici ordinari

Tali regole andranno applicate anche con riferimento alle opposizioni all'esecuzione nelle quali procedente sia l'Esatri.

Ed invero, anche se in questo caso la procedura esecutiva si svolge con modalità diverse da quelle previste dal codice di procedura civile, in ogni caso, se vi è pignoramento, l'istanza di sospensione deve essere delibata dal giudice dell'esecuzione.

 

Procedure esecutive mobiliari - fase della vendita.

L'attuale procedura prevede l'effettuazione di 5 esperimenti di vendita.

Nell'ipotesi di infruttuoso svolgimento di tali esperimenti, spetterà al giudice dell'esecuzione di valutare eventuali richieste di acquisto formulate anche per un prezzo inferiore a quello fissato.

Prima tuttavia della indizione di una gara con offerte al rialzo, si procederà alla fissazione di una udienza di comparizione delle parti, affinché si acquisisca al riguardo l'assenso del creditore e si avvisi il debitore di tale possibilità di realizzo del bene.

Al fine di ricercare, poi, soluzioni più funzionali al soddisfacimento dell' interesse del creditore e del debitore ad un realizzo del bene pignorato a prezzo congruo, appare opportuno sperimentare l'istituto della vendita a mezzo commissionario -da individuarsi nell' IVG di Varese- per le procedure per le quali siano stati pignorati beni valutati dall'ufficiale giudiziario di importo superiore ad € 20.000.

In tali circostanze, peraltro, in conformità al disposto normativo, e al fine di garantire l'effettuazione di una stima a carattere professionale da parte di un soggetto terzo rispetto al commissionario, il giudice dell'esecuzione provvederà alla nomina di un esperto stimatore.

Il giudice dell'esecuzione potrà peraltro procedere alla vendita a mezzo commissionario anche per beni pignorati di importo inferiore ad € 20.000, sulla scorta della particolare tipologia del bene, che appaia necessitare di una valutazione da parte di un perito del settore.

 

Sospensione concordata della procedura esecutiva ai sensi dell'articolo 624 bis CPC

L'articolo 624 bis del codice di procedura civile prevede che l'istanza di sospensione concordata possa essere proposta fino a 20 giorni prima della scadenza del termine per il deposito delle offerte di acquisto o, nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia luogo, fino a 15 giorni prima dell'incanto.

Tale termine e' da tutti i commentatori della riforma qualificato come perentorio e rende manifesta la 'ratio legis', tesa a tutelare l'interesse dell'offerente a partecipare alla fase della vendita, senza che il suo svolgimento possa essere impedito da un accordo in extremis tra debitore e creditore.

L'articolo 624 bis, comma secondo, del codice di procedura civile prevede che, a seguito della scadenza del periodo di sospensione, la parte interessata debba presentare, entro 10 giorni dalla scadenza del termine, istanza per la fissazione dell'udienza in cui il processo deve proseguire .

Si ritiene che anche tale termine abbia natura perentoria, con conseguente prodursi dell'effetto estintivo a seguito dell'inutile decorso del termine di legge.

Tale istituto, sulla scorta della costante e condivisibile giurisprudenza della Suprema Corte non ha natura cautelare, bensì esecutiva (Cassazione 12.328. 91, Cassazione 2208. 90).

Tale e', del resto, l'opinione espressa dalla Corte Costituzionale nella parte motiva della pronuncia con la quale, in data 20 giugno 1972, sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative ai commi secondo e terzo e quarto della norme in oggetto..

Le richieste di sequestro fondate sull'articolo sette devono pertanto ritenersi di 'competenza' tabellare del giudice dell'esecuzione

Capita che siano rimessi al presidente del Tribunale fascicoli, introdotti con il rito ordinario e successivamente ritenuti dal giudice designato di "competenza" del giudice speciale (di lavoro o di locazione), perché provveda alla conversione del rito e ai conseguenti incombenti previsti dall'art. 426 CPC.

In considerazione del non sempre omogeneo 'modus operandi' seguito in proposito, è opportuno indicare le modalità operative, per coordinare il passaggio del fascicolo dal giudice 'a quo' a quello 'ad quem', che possano soddisfare meglio le esigenze di funzionalità dell'Ufficio.

Pur avendo il provvedimento di conversione natura ordinatoria, e non implicando perciò, la sua emissione da parte del presidente del Tribunale, piuttosto che del giudice assegnatario del procedimento, questioni di eventuale nullità (ma al più, di mera irregolarità), pare di dovere escludere che spetti al presidente del Tribunale -sia pure come esercizio di un potere-dovere di verifica della corretta distribuzione tabellare degli affari tra i giudici- di trasformare il rito, così "convalidando" l'operato del giudice che ha dismesso il fascicolo. L'art. 426 CPC, infatti, attribuisce tale compito direttamente al giudice del procedimento, specificando anche gli incombenti conseguenti.

Piuttosto, la fissazione da parte del giudice 'a quo' dell'udienza di discussione, intervenendo direttamente sulla agenda del giudice 'ad quem', potrebbe incidere negativamente sulla sua organizzazione lavorativa, costringendolo magari a fissare una nuova udienza.

Sembra, perciò, meglio rispondente alle esigenze dell'organizzazione nel suo complesso che sia il giudice 'ad quem' a fissare l'udienza di discussione e, in relazione a questa, anche ad assegnare alle parti il termine perentorio per l'integrazione degli atti.

Si ricorda che, in caso di contumacia del convenuto, la Corte Costituzionale, sia pure con riferimento al regime transitorio previsto dell'art. 20 della legge n. 533 del 1973, ha dichiarato, con sentenza n. 14 del 1977, la illegittimità dell'art. 426 nella parte in cui non prevede la comunicazione anche al contumace dell'ordinanza che fissa l'udienza di discussione ed il termine perentorio per l'integrazione degli atti, per cui in tale caso è necessario disporre la comunicazione dell'ordinanza al contumace a cura dell'ufficio .

Riepilogando, nell'ipotesi di trasformazione del rito di cause introdotte come ordinarie ma in realtà di "competenza" del giudice del lavoro (o delle locazioni), valgono le seguenti modalità operative (applicabili ovviamente anche nella ipotesi opposta):

- il 'giudice a quo' ordina la trasformazione del rito e la reiscrizione della causa nel registro di pertinenza, riservando al giudice designando gli ulteriori provvedimenti;

- la cancelleria provvede, avvalendosi della procedura informatizzata, alla individuazione del giudice, trasmettendo gli atti al presidente del Tribunale per l'assegnazione del procedimento;

- il giudice 'ad quem', ad integrazione del provvedimento ai sensi dell'art. 175, secondo comma, CPC, fissa l'udienza di prosecuzione del giudizio, assegnando alle parti il termine perentorio per l'integrazione degli atti, disponendo che la cancelleria ne dia comunicazione anche al contumace.

Con riguardo alle problematiche relative ai giudizi di usucapione dei beni immobili tra i giudici addetti al settore é emerso il seguente orientamento condiviso.

Una prima questione riguarda l'individuazione del legittimato passivo, e quindi del soggetto nei confronti del quale deve essere svolta la domanda e notificato l'atto di citazione (nei procedimenti ordinari) ovvero del soggetto al quale va notificato il ricorso previsto dall'articolo 3 comma 1 della Legge 10/5/1976 numero 346.

Nel giudizio ordinario di usucapione legittimato passivo é il proprietario (o il possessore) del bene (Cass. 26/4/2000 numero 5335; Cass. 4907/1990 e Cass. 2299/1976) e l'individuazione di tale soggetto segue le regole generali.

Nel procedimento di usucapione speciale, il comma 3 della norma appena citata indica espressamente, quali destinatari della notifica dell'istanza (rectius: del ricorso) "...coloro che nei registri immobiliari figurano come titolari di diritti reali sull'immobile..." e "coloro che, nel ventennio anteriore alla presentazione..." dell'istanza, "...abbiano trascritto contro l'istante o i suoi danti causa domanda giudiziale non perenta diretta a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento...".

In tale ipotesi, quindi, il ricorrente, dovrà allegare al ricorso:

- la visura ipocatastale riferita al soggetto che risulta, in Catasto, proprietario del bene con decorrenza dalla data dell'acquisto (ove indicato nel certificato catastale) ovvero dall'impianto dei Registri Immobiliari;

- la visura ipocatastale dalla quale risultino le eventuali domande giudiziali dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento sul bene, proposte, nel ventennio anteriore alla presentazione dell'istanza, nei confronti del ricorrente.

Entrambe le visure possono essere sostituite da una relazione notarile.

Una volta individuato il soggetto legittimato passivamente, potrebbe sorgere la necessità di avviare la procedura di cui all'articolo 48 del Codice Civile.

Per le notificazioni non può ipotizzarsi alcuna deroga alle norme dettate dagli articoli 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile, con la precisazione che la notificazione per pubblici proclami prevista dall'articolo 150 del Codice di rito, presuppone "il rilevante numero dei destinatari" ovvero "la difficoltà di identificarli tutti".

Resta ovviamente salva ogni diversa autonoma valutazione che il singolo giudice riterrà di dover effettuare in relazione alla singola e specifica fattispecie sottoposta al suo esame.

L'entrata in vigore della riforma della legge fallimentare pone una serie di problematiche alle quali si potrà dare compiuta risposta esclusivamente ad esito della elaborazione giurisprudenziale di legittimità e di merito che ovviamente è ancora di là da venire.

Appare in ogni caso opportuno, sin da subito, predisporre una sorta di vademecum che fornisca alle cancellerie, ai curatori ed ai legali che si occupano della materia un primo ventaglio di indicazioni operative su casistiche ricorrenti, indicazioni che, è bene ribadirlo, non vincolano in alcun modo il tribunale in ordine a successivi orientamenti che potranno, e dovranno, essere assunti quando tali problematiche saranno, se del caso, delibate in sede giudiziale nel contraddittorio delle parti.

Fatta questa necessaria premessa, e rilevato che le linee guida della riforma, così come tracciate nella disciplina transitoria, tendono ad evitare la sovrapposizione di più regimi processuali, con riferimento ad un'unica procedura, si può procedere ad esaminare le singole questioni.

 

Cause che derivano dal fallimento (articolo 24)

Il nuovo regime processuale troverà applicazione esclusivamente qualora tali cause concernano procedure fallimentari aperte con sentenze successive al 16 luglio 2006; il regime precedente si applicherà pertanto anche alle cause instaurate successivamente al 16 luglio 2006 ma inerenti a procedure fallimentari già in essere a tale data.

 

Impugnazioni contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo (articolo 98)

La disciplina delle opposizioni, delle impugnazioni dei crediti ammessi e della revocazione, è, per le procedure aperte in epoca precedente al 16 luglio 2006, quella preesistente. La riforma si applicherà esclusivamente alle impugnazioni che sorgano nell'ambito di procedure fallimentari aperte dopo il 16 luglio 2006.

 

Domande tardive di crediti (articolo 101)

Le domande tardive inerenti a procedure fallimentari sorte a seguito di dichiarazione di fallimento emessa precedentemente al 16 luglio 2006 seguono il vecchio regime processuale.

La riforma troverà pertanto applicazione esclusivamente con riferimento alle procedure aperte a seguito di dichiarazione di fallimento successiva al 16 luglio 2006.

 

Modalità delle vendite (articolo 107)

Le vendite di beni ricompresi in procedure fallimentari dichiarate sotto l'egida della vecchia normativa seguiranno il regime preesistente.

Le nuove modalità si applicheranno pertanto esclusivamente alle procedure fallimentari aperte successivamente al 16 luglio 2006.

 

Decreto di chiusura (articolo 119)

L'articolo 119, ai fini della decorrenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura, individua, quale dies a quo, quello della data di affissione all'albo, prevista dal vecchio testo dell'articolo 17.

Il nuovo testo ha invece previsto, quale formalità pubblicitaria, la annotazione presso l'ufficio del registro delle imprese.

Stante il mancato coordinamento tra l'articolo 119 e il nuovo testo dell'articolo 17, appare probabilmente opportuno procedere, con riferimento sia alle procedure alle procedure aperte anteriormente al 16 luglio 2006 che a quelle successive, all'effettuazione di entrambi gli adempimenti (affissione ed annotazione presso l'ufficio del registro).

 

Riabilitazione (articolo 143 vecchio testo)

L'istituto della riabilitazione continua a trovare applicazione con riferimento alle procedure fallimentari aperte in epoca antecedente al 16 luglio 2006.

 

Esdebitazione (articolo 143 nuovo testo)

Tale istituto appare strettamente connaturato alla nuova disciplina fallimentare in termini di collaborazione prestata da fallito e di esiti solo parzialmente positivi, per i creditori della liquidazione dell'attivo, e pertanto concerne esclusivamente le procedure apertesi sotto l'egida della nuova normativa.

La materia della liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato è attualmente disciplinata dal Testo Unico sulle spese di giustizia (DPR. n. 115/2002) che ha sostituito, abrogandola -salvo che per il disposto dell'art 4 in materia di vacazioni, ancora in vigore-, la precedente normativa, costituita dalla legge n. 319/1980.

La norma cardine in 'subiecta materia' è costituita dall'art 49, secondo cui agli ausiliari spettano l'onorario, l'indennità di viaggio e di soggiorno, le spese di viaggio e il rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico.

Per ciascuna delle suddette componenti della liquidazione sono enucleati, come in appresso, i principi di massima da applicare nei casi più ricorrenti.

 

I. ONORARI

Quanto agli onorari, gli stessi possono essere fissi, variabili e a tempo (art 50 DPR. 115/2002).

 

Onorari fissi

Quando l'onorario è previsto in misura fissa, è evidente che il giudice non può discostarsi dalla misura legale, salva l'ipotesi di riduzione del compenso, ex art 52, in caso di mancato rispetto del termine di deposito originariamente fissato dal giudice o oggetto di successiva proroga.

 

Onorari variabili

Quando l'onorario è previsto in misura variabile, il giudice, all'interno dei limiti, minimo e massimo, fissati dalla normativa, deve procedere alla determinazione del compenso tenuto conto delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita (art. 51 DPR. 115/2002).

Quando la disposizione prevede che l'onorario variabile sia liquidato per scaglioni, occorre scomporre il valore oggetto dell'accertamento, applicando la percentuale del primo scaglione al primo importo risultante dalla scomposizione ed applicando la percentuale del secondo scaglione all'importo eccedente l'importo del primo scaglione e così via.

A questo proposito si precisa che, quando il valore dell'accertamento superi il limite massimo fissato dalla norma, il giudice non può procedere alla liquidazione del compenso per il valore eccedente (vedi Cass. 10745/2001 e Cass. 7852/1997).

Gli onorari fissi e variabili, ma non quelli a tempo, possono essere aumentati fino al 20% qualora il giudice abbia dichiarato l'urgenza dell'adempimento.

 

Onorari a tempo

Può farsi luogo alla liquidazione degli onorari commisurati al tempo solo per le prestazioni non previste nelle tabelle, o a queste analoghe, o allorché, ciononostante, non sia possibile determinare il valore di riferimento (art. 4 legge nr. 319/1980 e art. 1 DMG 30.5.2002).

Quando l'onorario è liquidato in ragione del tempo impiegato, non possono essere liquidate per ogni giornata più di quattro vacazioni, rammentandosi che ogni vacazione è pari a due ore e che comunque la valutazione del giudice in ordine al numero di ore astrattamente necessario per l'espletamento dell'incarico, prescinde del tutto dal termine assegnato al ctu per il deposito della relazione.

 

"Incarico complesso"

Quando la richiesta di liquidazione comprenda prestazioni contemplate in tabelle diverse , che abbiano ciascuna una propria autonomia, potrà procedersi a distinte liquidazioni, mentre qualora, per lo svolgimento della prestazione demandata al ctu -riconducibile ad una distinta previsione tabellare- sia necessario compiere attività riconducibili ad altre voci di tabella, occorrerà procedere alla liquidazione sulla base della prestazione principale e prevalente.

 

Incarico collegiale

Quando la prestazione è demandata a più consulenti, si è in presenza di un incarico collegiale ai sensi dell'art 53 DPR. 115/2002 nella sola ipotesi in cui sia necessario un lavoro di equipe per il raggiungimento di un risultato unitario, compendiato in unico elaborato; altrimenti, in caso di accertamenti distinti demandati per intero a ciascun perito, la liquidazione dovrà essere distinta per singolo ausiliario (art 53 DPR. 115/2002).

Il compenso per il collegio peritale è, ex art 53 DPR. 115/2002, pari al compenso per il singolo consulente, aumentato fino al 40% per ciascuno degli altri componenti.

 

Aumento e diminuzione degli onorari

Tutti gli onorari, a prescindere dalla loro tipologia, possono, ex art 52 DPR. 115/2002, essere aumentati sino al doppio, in caso di eccezionale importanza, complessità e difficoltà dell'indagine, mentre devono essere ridotti di un quarto quando l'ausiliario non depositi l'elaborato nel termine fissato in sede di conferimento dell'incarico o in quello successivamente fissato dal giudice su richiesta, giustificata, di proroga dell'ausiliario.

 

Omnicomprensività degli onorari fissi o variabili

Gli onorari sono, ex art 29 D.M. 30.5.02, compensativi di ogni attività strumentale allo svolgimento dell'incarico (relazione; partecipazione alle udienze; ogni altra attività concernente i quesiti). I due criteri di liquidazione (onorari variabili e a tempo) sono alternativi e non cumulabili.

 

Collaboratori del CTU

Nel caso in cui il consulente necessiti di altri prestatori di opera per l'espletamento dell'incarico, è necessaria (art 56 DPR. 115/2002) la preventiva autorizzazione del giudice, pena l'impossibilità di riconoscere al riguardo al ctu alcun compenso per il prestatore di cui si è valso, sotto forma di rimborso spese (vedi in conformità Cass 11636/2002). Peraltro, ove la prestazione del collaboratore abbia una sua autonomia, occorrerà che il giudice conferisca un incarico autonomo (art 56 4 comma DPR. 115/2002).

 

II. SPESE

Rimborso spese correnti, spese di viaggio e di soggiorno

L'art. 55 DPR. 115/2002 prevede il diritto dell'ausiliario al rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno .

Nell'ipotesi di utilizzo del mezzo proprio nell'ambito del circondario si è in presenza, in genere, di spese di modesta rilevanza economica ma, soprattutto, anche di difficile documentazione (stante la molteplicità di spostamenti che usualmente il ctu compie, a partire da quello relativo all'assunzione dell'incarico seguito dagli accessi in loco o presso gli uffici pubblici, fino a quello relativo al deposito della relazione).

Si ritiene, pertanto, al riguardo, stante del resto la mancata previsione, nell'attuale normativa, di uno specifico obbligo di documentazione, che le stesse possano convenientemente essere oggetto di forfettizzazione da parte del giudice, nella misura che innanzi si dirà, salvo ovviamente -nel caso di ricorrenza dei presupposti legittimanti la trasferta- il rimborso a piè di lista di spese relative a spostamenti che richiedano l'utilizzo, per coprire la distanza dal luogo da raggiungere, di mezzi quali navi, aerei, treni o al pernottamento in loco, e ciò previa autorizzazione del giudice.

 

Spese correnti

L'art 56 DPR. 115/2002 prevede che la richiesta di rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico debba essere accompagnata dall'allegazione della relativa documentazione.

Peraltro, proprio con riferimento alle spese correnti (spese di telefono, corrispondenza, utilizzo della struttura di studio per attività manuali finalizzate allo svolgimento dell'incarico, quali, ad esempio, la stesura della relazione), ricorre quell'estrema difficoltà di documentazione (tale da rendere inesigibile dall'ausiliario la raccolta delle pezze giustificative) di cui si è detto sopra, per il che appare necessario, e comunque conforme ad un criterio di ragionevolezza, ricorrere alla loro forfettizzazione in una misura percentuale globale (comprensiva cioè delle spese di viaggio di cui innanzi) del compenso liquidato, che si ritiene congruo fissare solo nel massimo (5%), lasciandone la determinazione di volta in volta, in relazione alle particolarità del caso concreto.

Trattasi di opzione operativa che appare, da un lato, in sintonia con la peculiarità della veste di ausiliario del giudice assunta dal consulente (che rivestendo una funzione nell'ambito del processo, non può invocare il medesimo trattamento economico che la sua veste professionale gli avrebbe assicurato nell'ambito di un contratto di prestazione d'opera intellettuale stipulato con una parte privata o pubblica -vedi sul punto Corte Costituzionale n.88/1970-) e dall'altro rispettosa dell'interesse alla celerità e alla certezza dei rapporti nell'ambito del processo civile, che ricomprendono anche i profili relativi alla predisposizione della parcella e alla sua liquidazione da parte del giudice.

Tale indirizzo interpretativo ha, del resto, il conforto della soluzione adottata dal legislatore (D.M. n. 570/1992) in una materia analoga, e cioè quella relativa alla liquidazione delle spettanze al curatore fallimentare, anch'esso ausiliario del giudice, ove all'art 4 comma 2 si è previsto il diritto del curatore ad un rimborso forfetario delle spese generali in ragione del 5%, nonché, in via di autoregolamentazione, da associazioni di consulenti, quali quella dei periti ed esperti tributari (LAPET) ove all'art 10 del tariffario si è appunto previsto il diritto ad una maggiorazione del compenso sino al 5% a titolo di spese generali di studio.

 

Spese sostenute per attività manuali di terzi

Si tratta di costi (sostenuti ad esempio per l'effettuazione di un corredo fotografico da allegare alla relazione ) che vanno rimborsati dietro documentazione della relativa spesa, purché la stessa sia funzionale all'incarico demandato e di importo congruo in base alle condizioni di mercato.

 

III. INDENNITA'

L'art 55 DPR. 115/2002 prevede il diritto dell'ausiliario alla corresponsione dell'indennità di viaggio e di soggiorno.

Quanto agli spostamenti nell'ambito del comune di residenza, o in comuni limitrofi, valgono le considerazioni sopra espresse in materia di spese di viaggio, con la conseguenza che le indennità dovranno essere ricomprese nella forfettizzazione del 5%

Per le restanti ipotesi di indennità di viaggio e di soggiorno varranno i criteri di cui all'art. 55 DPR. 115/2002, che richiama il trattamento previsto per i dipendenti statali di cui alla legge n. 836/1973, con l'equiparazione dell'ausiliario al dirigente di seconda fascia del ruolo unico (come da tabella allegata alla legge 836/1973), salvo che si tratti di ausiliario dipendente pubblico avente, in ragione della sua qualifica, diritto ad una maggiore indennità.

 

IV. NOTE VARIE

Decadenza

L'art 71 DPR. 115 /2002 prevede la decadenza del diritto dell'ausiliario alla liquidazione delle spettanze trascorsi 100 giorni dal compimento delle operazioni peritali.

 

Decreto di Liquidazione

Il decreto, a mente del disposto dell'art 168 DPR. 115/2002, deve essere motivato e costituisce titolo provvisoriamente esecutivo che può essere sospeso in sede di opposizione ( sulla quale vedi infra).

 

Opposizione al decreto

L'opposizione al decreto di pagamento, alla quale, ai sensi dell'art 170 DPR. 115/2002, sono legittimati "il beneficiario e le parti processuali, compreso il Pubblico Ministero", va proposta entro il termine di venti giorni dall'avvenuta comunicazione ed è di competenza del Presidente del Tribunale, che, in base alle tabelle di organizzazione dell'Ufficio, può delegare altro magistrato.

Il rito è quello di cui all' art 29 legge n. 794/1942 in materia di onorari di avvocati.


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